La delega in Assemblea

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Marco Venier
view post Posted on 26/11/2013, 20:45




L’ art. 67 d.a.c.c. dispone che “ogni condòmino può intervenire all' Assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta […]”.
La delega è l’atto mediante il quale un soggetto trasferisce dei diritti di cui è titolare, ad un altro soggetto ed è un istituto “disciplinato dalle regole del mandato “ (Cass. civ., sez. II, n. 3952/1994).
Qualora regolarmente scritta e firmata (ma non occorre che la firma sia autenticata - Cass. Civ., n. 12466/2004), la delega non è contestabile da terzi e solamente il delegante potrà agire sugli eventuali vizi della stessa (Cass. civ., sez. II, n. 3952/1994).
Rispetto alla disciplina precedente, il novello art. 67 d.a.c.c., contempla espressamente due limiti:
1. “se i condòmini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condòmini e del valore proporzionale.”. Quindi se ci sono 25 condòmini, il singolo delegato, non può possedere più 5 deleghe rappresentanti complessivamente più di 250 millesimi;
2. “All'amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea.”
Altri limiti sono, poi, previsti dalla Giurisprudenza e riguardano principalmente il conflitto di interesse. Con la locuzione “conflitto d’interessi”, in riferimento al Condominio negli Edifici, si indica quella situazione in cui l’interesse individuale di un soggetto è contrasto con l’interesse collettivo della compagine condominiale. Proprio la Giurisprudenza (Cass. sent. n. 10683/2002; Cass., sent. n. 10754/2011) è entrata nel merito sancendo l’analogia tra la disciplina di specie per il Condominio con quella delle società (vedi art. 2373 c.c. “La deliberazione approvata con il voto determinante di coloro che abbiano, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società è impugnabile a norma dell'articolo 2377 qualora possa recarle danno.”) e stabilisce che “può essere ritenuta non valida, e di conseguenza annullabile, la deliberazione derivante dal voto di un singolo condòmino che è stata effettuata in esplicito conflitto rispetto all’interesse della compagine, e che si rivela determinante per adottare una particolare decisione.
Esempi di conflitto di interesse sono:
• delibera di assegnazione interventi di manutenzione ordinaria, ad Imprese appartenenti ad alcuni condòmini (Cass., sent. n. 10754/2011);
• l’Amministratore (immaginiamo un condòmino che svolga le funzioni di Amministratore) che vota per la sua nomina o riconferma (Cass., n. 10566/2002; Cass. n. 22234/2004; Cass. n. 18192/2009).
La questione del conflitto di interesse, pertanto, inibisce a taluni soggetti, seppur aventi diritto a partecipare alle Assemblee, di esprimersi con un voto e comporta che, “per il computo delle maggioranze assembleari condominiali, non si debba tener conto del voto del condòmino/i titolari (in relazione, sempre, all'oggetto della deliberazione) d'un interesse particolare contrastante, anche solo virtualmente, con quello degli altri condòmini” (Cass. n. 270/1976; Cass. n. 10683/02).
I condòmini in conflitto di interesse, dunque, non possono votare (Cass., sent. n. 10754/2011) e la mancata osservanza di tale limite, è presupposto di impugnazione della delibera.
Unica eccezione riguarda la mancata conoscenza di tale condizione, da parte del delegato e tale buona fede, salvaguarderebbe la delibera da un’impugnazione per tale motivo.
Qualora, infatti, il delegato non sia a conoscenza del conflitto di interesse, il suo voto va considerato valido, dovendosi presumere che il delegante, nel conferire il mandato, abbia valutato anche il proprio interesse, non personale ma quale componente della collettività, ritenendolo conforme a quello portato dal delegato (Cass. II Sez. Civ. n. 22234/2004).

Dott. Marco Venier
 
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