Cortili condominiali. Nozioni, diritti dei condòmini e ripartizione spese di manutenzione.

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Marco Venier
view post Posted on 10/8/2012, 18:27




Cortili.
La giurisprudenza definisce in diverse circostanze il cortile spiegandone il significato in senso proprio del termine e in senso estensivo, comprendendoci anche altri beni. Partiamo dalla Cass. civ., sez. II, n. 7889/2000; per essa il cortile è l'area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un Edificio o di più Edifici, che serve a dare luce e aria agli ambienti circostanti. Ma avuto riguardo all'ampia portata della parola e, soprattutto alla funzione di dare aria e luce agli ambienti, che vi prospettano, nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio - quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi - che, sebbene non menzionati espressamente nell'art. 1117 c.c., vanno ritenute comuni a norma della suddetta disposizione. Da un punto di vista generale, è "cortile" anche lo spazio a disimpiego di uno o più fabbricati, siano essi di proprietà di uno solo o di più soggetti, ovvero anche comune a più immobili che su di esso prospettano (Cass. civ., n. 2431/1969). L’appartenenza dei cortili tra i beni comuni, lo si evince dall’art.1117 che espressamente li cita. Da qui scaturisce la presunzione di proprietà comune, salvo che il contrario risulti da titolo idoneo, princìpio ribadito espressamente per i cortili, da giurisprudenza consolidata (Cass. civ., sez. II, sent. n. 14128/2000; Trib. civ. Milano, 07/01/1991) e trae il suo fondamento nella funzione principale del cortile medesimo, consistente nell'essere esso destinato a fornire aria e luce alle unità immobiliari circostanti, da non confondere con la destinazione, puramente accessoria ed eventuale, consistente nel consentire l'accesso a tali unità (Cass. civ., n. 3085/1976). Una presunzione che si applica per analogia anche ai cortili che si trovano fra edifici strutturalmente autonomi (quindi in regime di Supercondominio) ed appartenenti a proprietari diversi, obiettivamente destinati a dare aria e luce ai Fabbricati che li fronteggiano (Cass. civ., sez. II, n. 7630/1991). Tuttavia è bene ricordare anche una giurisprudenza minoritaria (cito la Cass. civ., n. 463/1969) per cui l'accertamento in concreto che un determinato spazio adiacente all' Edificio in Condominio sia o meno pertinenza dell'entità condominiale e appartenga strutturalmente al Condominio, non può essere fondato semplicemente ed unicamente sull'interpretazione della fattispecie astratta dell'art. 1117 c.c. ma occorre effettuare, con riferimento all'epoca di costituzione del Condominio, una valutazione dello stato effettivo dei luoghi, dei rapporti, in relazione alla volontà delle parti che possono aver voluto escludere proprio la presunzione di comunione. In ogni caso, appare indubbio che l’ obiettiva destinazione del bene a servizio e utilità degli edifici circostanti, comporti la presunzione di comunione del cortile comprendendo in esso anche gli spazi esterni che, oltre a dare aria e luce agli stessi, soddisfano altresì l'esigenza dell'accesso alla via pubblica (Cass. civ., n. 783/1970). Da qui il senso estensivo del termine che si accennava all’inizio.
Per quanto riguarda i diritti su tale bene comune, l'utilizzazione della cosa comune può avvenire da parte di uno o più compartecipanti alla comunione anche in modo particolare e diverso da quello degli altri, senza sconfinare in abuso, sempre che la destinazione della cosa resti rispettata. Però la legittimità d'un tale uso va verificata dal giudice di merito, in base al confronto tra uso diverso e destinazioni possibili della cosa quali stabilite, anche per implicito, dalla volontà comune dei condòmini (Cass. civ., sez. II, n. 4566/1990).
Entriamo nel merito di casi particolari.
Non è ammesso sul cortile la realizzazione di opere come manufatti che vadano a vantaggio di un solo gruppo di condòmini (sempre la Cass. civ., sez. II, n. 4566/1990) e in generale di corpi di fabbrica aggettanti, con incorporazione di una parte della colonna d'aria sovrastante ed utilizzazione della stessa ai fini esclusivi (Cass. civ., n. 3942/1991).
Parimenti non è ammesso il passaggio di tubazioni di gas o acqua senza il preventivo consenso dei proprietari del cortile (Cass. civ., sez. II, n. 1355/1977), anche se, ad onor di cronaca bisogna prendere atto dell’esistenza di una successiva sentenza (Cass. civ., sez. II, sent. n. 85/1997) che invece ne ammette il diritto.
Risulta altresì vietato ( per la Cass. civ., sentenza n. 3187/1972) realizzare aperture per accedere ad altro immobile di proprietà esclusiva, in quanto tale uso comporterebbe l'asservimento ad una o più servitù delle quote ideali degli altri partecipanti; o per accedere (sempre con realizzazione di un’apertura) con automezzi per il proprio fine esclusivo, atteso che tale modifica esorbita dall'ambito di un uso "più intenso ed esteso" dell'area comune, rientrando in quello delle innovazioni vietate ai sensi dell'art. 1102 c.c. (Cass. civ., sez. II, n. 9273/1991). Tale accesso, invece, è ammesso, se effettuato senza realizzazione di aperture (Cass. Civ. sez. II, n. 5848/2006).
Costituisce uso legittimo del cortile comune, invece, la possibilità, per i partecipanti alla comunione, di accedere ai rispettivi immobili con mezzi meccanici al fine di esercitarvi le attività, anche diverse rispetto a quelle compiute in passato, che non siano vietate dal Regolamento condominiale, poichè tale uso non può ritenersi condizionato nè dalla natura dell'attività legittimamente svolta nè dall'eventuale, più limitata forma di godimento del cortile comune praticata in passato (Cass. Civ. sez. II, n. 5848/2006).
I doveri, come al solito, attengono principalmente alla partecipazione alle spese di manutenzione. A tal riguardo, appare indubbio che trattandosi di bene comune ai sensi dell’art.1117 c.c., le relative spese andranno addebitate ai tutti i condòmini in ragione dei millesimi di comproprietà generale, ai sensi del disposto art.1123 c.c. Più complicato, invece, è stabilire una congrua ripartizione, nel caso che il cortile (come spesso avviene) abbia la doppia funzione di calpestio e di copertura di box privati. In tal caso la giurisprudenza (Cassazione, Sez. II, n. 18194/2005) è nel senso di parificare l’utilità derivante dal calpestio a quella della copertura e, quindi, dividere le spese in ragione del 50% a carico di tutti i condòmini (la funzione di calpestio) e il 50% a carico dei proprietari dei box (la funzione di copertura).
Altro tipico utilizzo del cortile, specie nei grandi centri urbani con difficoltà di parcheggio su strada, è quello consentire la sosta di veicoli dei condòmini sulla relativa superficie. Ecco che, dunque, si apre spesso il dibattito sulla legittimità o meno dell’Assemblea di deliberare su tale uso, sicuramente difforme dalla naturale destinazione del cortile. Premetto subito che giurisprudenza consolidata è nel senso di ammettere che l’Assemblea ha senz’altro il potere di predeterminare le forme di disciplina dell'uso del cortile (Trib. civ. Milano, sent. del 29/04/1991) e che l'area cortilizia annessa all'edificio condominiale possa essere legittimamente adibita all'uso del parcheggio (Cassazione civile, sez. II, sentenza n. 1547/2009), salvo diversamente indicato nel Regolamento condominiale (Trib. civ. Milano, sez. VIII, n. 4774/2003), o se non impedisce a questo di continuare a servire agli usi a cui è destinato, cioè passaggio di persone, veicoli o suppellettili ed aero-illuminazione dei locali che su di esso si affacciano (Tribunale di Napoli, sent. n. 5083/1961; Tribunale di Monza, sent. del 23 ottobre 1984).
C’è, però, da entrare nel merito sulle maggioranze necessarie per considerare valida la delibera.
E’ ormai pacifico che in assenza di articolo del Regolamento condominiale che ne vieti il mutamento della destinazione d’uso (pertanto, come già spiegato, occorrerebbe l’assenso unanime dei condòmini per la modifica a parcheggio), la delibera assembleare, essendo di natura regolamentare, deve essere approvata con la maggioranza di cui al secondo comma dell'articolo 1136 del Codice civile (maggioranza degli intervenuti e almeno metà dell'edificio o quote millesimali), non occorrendo la speciale maggioranza delle innovazioni di cui all'articolo 1136, quinto comma del Codice civile (Cassazione 12 luglio 1968, n. 2464). Addirittura si ritiene legittima la delibera Assembleare che disponga l’assegnazione a turnazione degli spazi a titolo di posti auto, qualora sia oggettivamente impossibile garantire a tutti i condòmini lo spazio per sostare con la propria vettura (Cassazione, sent. n. 12873/2005; Cassazione, sez. II Civile, sent. n. 12485/2012), mentre sarebbe nulla una delibera Assembleare di assegnazione dei posti auto con ordine di preferenza per i condòmini con maggiori millesimi (Cass. , sez. II civile, sent. n. 26226/2006) o nominativa ed esclusiva di posti-auto, se non approvata all'unanimità da tutti i condomini, configurando, tale ultima ipotesi, una innovazione vietata in quanto sottrae all'utilizzo di quei condomini che non posseggono la seconda macchina, una parte rilevante della cosa comune; ed inoltre, con l'attribuzione dell'uso delle aree in via esclusiva e nominativa crea i presupposti di fatto per l'acquisto della proprietà di quelle aree per usucapione (Cass. civ., sez. II, n. 1004/2004).
Terminiamo questa trattazione con un riferimento alle maggioranze necessarie per il rifacimento del manto o superficie del cortile condominiale. Per la sua pavimentazione, qualora originariamente in terra, trattandosi di ricostruzione o riparazione straordinaria di notevole entità, si ritiene sufficiente che la deliberazione venga assunta con l'approvazione di un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio (Trib. civ. Milano, sez. VIII, sent. del 08/05/1989) trattandosi di modificazioni e sostituzioni che non ne alterano la struttura sostanziale da precedente destinazione (Trib. civ. Piacenza, 05/02/1991).

Dott. Marco Venier
 
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