Abbiamo atteso settant’anni (l’attuale normativa condominiale fa riferimento al codice civile del 1942!!) per un aggiornamento degli articoli del codice civile sul Condominio che a detta di tutti gli operatori del settore, non era più sufficiente a disciplinare le varie situazioni e problematiche condominiali.
Se, però, la risposta alla nostra richiesta è costituita dalla Riforma del Condominio la cui definita approvazione è prevista entro marzo c.m., c’è solo da osservare che probabilmente potevamo aspettarne altri settanta, di anni!!!
Sono stati sviluppati dei concetti, a mio avviso, in maniera incoerente e che porranno tanti dubbi interpretativi con un aumento esponenziale di cause. Inoltre mi aspettavo (dati gli orientamenti giurisprudenziali contrastanti su alcune materie) che si chiarissero e modificassero opportunamente alcuni princìpi ed invece, mio malgrado, riscontro che non è così!
La Riforma mi appare palesemente realizzata da operatori che NON sono del settore e ciò lo si evince già dal primo articolo, quello di apertura:
Art. 1
1. L'articolo 1117 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 1117. – (Parti comuni dell'edificio).– Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, se non risulta il contrario dal titolo, che a pena di nullità deve indicarne l'ulteriore destinazione d'uso anche se aventi diritto a godimento periodico:
1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;
2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia e gli stenditoi;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche. ».Mi appare, questo articolo, come un tentativo INUTILE di aggiornamento dell’elenco dei beni condominiali.
Inutile perché in ogni caso, un elenco, non potrà MAI essere completo per via dell'incapacità cronica e strutturale di un codice civile di poter ricomprendere, in un unico elenco, tutti beni e servizi comuni che esistono. Quindi si farà sempre ricorso al significato ESTENSIVO dell’articolo, più volte ribadito dalla Giurisprudenza, per cui <<la disciplina del codice civile del condominio negli edifici deve essere applicata ad ogni parte, bene e servizio comune che rientri, per la sua struttura e destinazione, tra quelli indicati dall'art. 1117 c.c. [...].>> (Cassazione n. 2609 del 19/03/94).
Vigerà SEMPRE, pertanto, il princìpio della PRESUNZIONE su cui già si era più volte espressa la Giurisprudenza (cito la Cass. n. 9221 del 07/11/94) affermando che <<la presunzione di proprietà comune di ciascuna delle parti indicate nell'art. 1117 c.c. non può essere vinta se non da elementi di significato certo ed univoco, idonei a far ritenere che la parte in contestazione sia stata considerata dalla comune volontà dei contraenti oggetto della proprietà esclusiva di uno di essi.>>, chiarendo, ancora (Cass. n. 9062 del 04/11/94 - ) che <<ai fini di stabilire se esista un titolo contrario alla presunzione di comunione sancita dalla norma dell'art. 1117 c.c. occorre fare riferimento all'atto costitutivo del condominio, cioè al primo atto di trasferimento di una unità immobiliare dall'originario proprietario ad altro soggetto.>>
Dell’art.1117 bis, invece, trovo opportuna la nuova definizione di condòmini, indicata nel primo capoverso, come <<
proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio>> anzichè come <<proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio>> del vecchio art. 1117 del codice civile. Mentre rimango assai perplesso sul capoverso successivo:
<<il godimento individuale di parti comuni si intende tollerato dagli altri condomini ai sensi dell'articolo 1144. La cessazione della tolleranza può essere provata soltanto mediante atto scritto comunicato all'amministratore o, in mancanza di amministratore, a tutti i condomini.>>
Riflettiamo un attimo sul termine tollerato!!
La tolleranza implica necessariamente un qualsiasi atto non gradito commesso da qualcuno, che viene sopportato dagli altri partecipanti alla comunione. Si tratta, quindi, di un’ azione rimessa alla soggettività dei condòmini.
Mi appare come un passo indietro rispetto ai princìpi indicati nelle note norme artt. 1102 (<<ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purchè non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine puo` apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa.>>) e 1120 c.c. attualmente in vigore (<<sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.>>). Come ben noto, la chiave di lettura del combinato dei citati articoli è che la cosa comune, può essere utilizzata dal condòmino anche in modo particolare e diverso dal suo normale uso se ciò non alteri l'equilibrio tra le concorrenti utilizzazioni attuali (originarie) o potenziali degli altri e non determini pregiudizievoli invadenze dell'ambito dei coesistenti diritti degli altri proprietari (cft. Cassazione n. 172 del 11/01/93). In sostanza, un condòmino può fare uso della cosa comune purchè non ne alteri la naturale ed originaria destinazione o impedisca ad altri di farne parimenti uso secondo il suo diritto. Tale diritto è sancito, quindi, dalla legge e qualora venisse confermato il rispetto delle condizioni suesposte, qualsiasi condòmino (salvo diversamente disposto dal Regolamento Condominiale) può legittimamente utilizzare la cosa comune, a prescindere che gli altri la condividano o meno. Quindi la precedente legislazione toglieva al Condominio il parere di merito e un buon Amministratore professionista avrebbe eventualmente spiegato tale meccanismo a quegli eventuali condòmini che per capriccio o per qualsiasi altro motivo, avessero chiesto la cessazione della diversa utilizzazione.
Ora, invece, anche n.1 condòmino può chiedere l’intervento dell’Amministratore, semplicemente quando la diversa utilizzazione non è più tollerata. In tal caso basta una lettera scritta e il condòmino che tiene il comportamento prima ritenuto legittimo, è considerato in situazione di abuso! In sostanza, dunque, al singolo condòmino è richiesto, per ottenere un diverso uso della cosa comune ai fini di un miglior godimento dei propri diritti, l’unanimità dei consensi.
Questo, tra l’altro, cozza contro alcuni princìpi della Riforma che vorrebbe il rilassamento dei quorum deliberativi con riduzione delle maggioranze in precedenza previste.
Ma andiamo avanti evitando di sviscerare ogni singolo articolo e limitiamoci ad approfondire i concetti, a mio avviso, non ben sviluppati (e in alcuni casi non sviluppati affatto!!) della Riforma.
Vorrei innanzitutto focalizzare l’attenzione su 2 princìpi disciplinati dalla nuova Riforma:
• la
PARZIALITA’ DEI PAGAMENTI CONDOMINIALI in relazione ai creditori del Condominio!
Come sappiamo, fin’ora l’orientamento giurisprudenziale maggioritario era nel senso della solidarietà dei condòmini nei rapporti con fornitori del Condominio.
In pratica, in relazione ai debiti contratti dal Condominio per il godimento di servizi comuni e beni, concernenti prestazioni normalmente non divisibili, rispetto alle quali ciascun condòmino ha interesse per l'intero, si applica il principio di cui all'art. 1294 cod. civ., dal quale deriva una presunzione di solidarietà a carico di tutti i condòmini (cfr. Cass. II Sez. Civ. n. 14593 del 30/7/2004).
Questo disposto fa riferimento al princìpio per cui la solidarietà si presume nel caso di pluralità di debitori (cft. articolo 1292 del c.c.<< L’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione>>).
Questo princìpio era stato messo in discussione solo apparentemente, da alcune sentenze.
In particolare cito per cui << In tema di Condominio, la natura parziaria delle obbligazioni contratte dall'amministratore nei confronti dei terzi non esclude la validità dell'accordo transattivo stipulato con l'impresa esecutrice di opere di rifacimento dello stabile condominiale, in forza del quale quest'ultima si sia impegnata ad eseguire eventuali pignoramenti esclusivamente nei confronti dei condòmini morosi>> (Cass. civ., sez. III, 21 luglio 2009, n. 16920)
Personalmente mi trovo d’accordo con la solidarietà dei pagamenti che estenderei senza riserve anche nei rapporti tra compratore e venditore di un’unità immobiliare in un Condominio. Ma di questo parleremo dopo.
La solidarietà serve a tutela integralmente il diritto del creditore, che in fin dei conti, stipula il contratto con il Condominio nella sua interezza, e quindi non può farsi carico della morosità di singoli soggetti. Trovo giusto, quindi, che l’Appaltatore si rivalga su condòmini scelti in sede giudiziale e poi questi ultimi si rivarranno nei confronti del Condominio per quanto di spettanza.
Invece, l’art.19 della Riforma, nel riferirsi al nuovo articolo 63 disp.att.c.c., stabilisce che <<i creditori del Condominio non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condòmini.>>, in pratica, stabilendo la parzialità dei pagamenti!
Questo, ovviamente, ha delle importanti ripercussioni su tutta una serie di situazioni, prime tra tutte l’eventualità che l’Appaltatore, prima di stipulare un contratto o iniziare un’opera per il Condominio, vorrà visionarne almeno l’ultimo Bilancio Consuntivo per avere un’idea della solvibilità dei condòmini e quindi del grado di rischio da insolvenza del Condominio.
Inolte, il princìpio della parzialità, ritengo, avrebbe meritato di essere almeno sviluppato in maniera organica e coerente con altre disposizioni di legge, posto che:
- Altri fornitori di somministrazione servizi condominiali, come ad esempio l’acqua, non andranno di certo, in caso di morosità del Condominio, a chiudere i singoli contatori a defalco dei condòmini morosi, ma anzi, si limiteranno a sospendere la fornitura a tutto il Condominio con disagio anche per i condòmini in regola e in spregio dello sforzo del legislatore in riferimento alla sua intenzione di salvaguardare i paganti dalle inadempienze degli altri.
- Lo stesso Ammininistratore, può sospendere, sempre ai sensi del nuovo art.63 disp.att.c.c., al condòmino moroso la fruizione dei soli servizi comuni suscettibili di godimento separato. (concetto già finora in vigore), i quali, invece, in forza di un princìpio sancito dalla legge come quello della parzilità, troverei giusto che non usufruissero più dei servizi comuni se non dopo la regolarizzazione dei sospesi;
- Ancora il nuovo art.63 disp.att.c.c., ribadisce il princìpio di solidarietà limitata tra compratore e venditore di un’unità immobiliare in un contesto di Condominio. Nell’articolo si legge << chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente.>> Tale disposizione era già in vigore col precedente art.63 disp.att.c.c. e costituiva un enunciato speciale, rispetto al princìpio generale della comunione, per cui il cedente risponde in solido con il cessionario, senza riserve di tempo. In particolare rimane dubbio se l’Amministratore, al di fuori del periodo di competenza del subentrato, quindi prima dell’anno in corso e di quello precedente, possa comunque chiedere il pagamento delle morosità all’acquirente il quale si rivarrà per quanto di competenza sull’altro. L’altra interpretazione, ovviamente, è che l’Amministratore non possa chiedere nulla all’acquirente al di fuori del periodo indicato nell’articolo e debba necessariamente rivolgersi al venditore. A tal proposito dobbiamo evidenziare innanzi tutto che se il venditore è emigrato in Paesi lontani, si perderanno le possibilità di ottenere i pagamenti i quali ricadranno per forza di cose sugli altri condòmini. E la parzialità di cui lo stesso articolo faceva riferimento? Se fosse stato sviluppato un concetto coerente, allora, per il princìpio della parzialità, il debito farebbe carico alla sola unità immobiliare per cui è maturato, rimanendo di competenza dell’acquirente il pagamento di tutto il sospeso con diritto di rivalsa di questi, verso il venditore. Mi sarei aspettato, pertanto, dalla Riforma, un intervento su questo punto che in coerenza col disposto di tutela dei condòmini regolari, avrebbe statuito il princìpio che il debito segue l’unità immobiliare, alla stregua dei princìpi disposti per la Comunione in generale e per le società, per cui (previa preventiva valutazione di merito) chi le acquista, si fa carico di tutti gli oneri e gli onori, senza riserve.
• La
solidarietà dell’Amministratore con i morosi in caso di mancata attivazione delle procedure di recupero credito, passati i n.4 mesi a decorrere dal momento in cui il credito condominiale è divenuto esigibile. Tale disposizione è sancita dall’art.63 (rif. art.9 della Riforma) in cui si legge che << l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro quattro mesi dal momento in cui il credito è divenuto esigibile, anche ai sensi dell'articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie. L'amministratore risponde dei danni a lui imputabili per il ritardo.>>
Non è chiaro, nello specifico, se quest’ultima frase faccia riferimento:
- ad una solidarietà dell’Amministratore per il debito maturato, nel caso non si sia attivato per un atto ingiuntivo;
- Al fatto che possa rispondere di danni al Condominio determinabili in modo diverso dalla constatazione del semplice debito;
- al fatto che (a prescindere di quale interpretazione sia, delle due sopra menzionate) l’Amministratore possa deresponsabilizzarsi alla semplice dimostrazione di un sollecito di pagamento, seppur in assenza di atto ingiuntivo;
Non appare sufficiente la frase <<salvo che non sia stato espressamente dispensato dall'assemblea>>, sempre riportata nel medesimo articolo, che sembrerebbe attenuare la responsabilità dell’Amministratore; o quanto meno andrebbe chiarita meglio.
Che vuol dire?
Occorre una precisa delibera Assembleare, per dispensare l’Amministratore dall’obbligo di eseguire atti ingiuntivi contro i morosi?
E se la <<dispensa espressa dell’assemblea>> non c’è, ma mancano i fondi?
Ricordiamo, infatti, che ogni atto ingiuntivo, mediamente, costa all’Amministratore 300,00 euro che deve anticiparli per pagare l’avvocato.
E’ chiaro che in un contesto condominiale, i flussi di cassa, possono portare a degli avanzi momentanei che consentono all’Amministratore di far fronte a temporanei ritardi nei pagamenti.
E’ parimenti chiaro che con l’entrata in vigore di questa specifica disposizione, nessun Amministratore vorrà correre il rischio di vedersi imputate colpe per ritardata attivazione di azioni per il recupero del credito, ma è parimenti opportuno che il Condominio sia dotato di un congruo Fondo MOROSITA’ in una misura idonea a consentire all’Amministratore ad attingerci per promuovere l’eventuale azione legale, senza dover anticipare dei soldi di tasca propria.
Sarebbe opportuno, in definitiva, che alla frase <<salvo non espressamente dispensato dall’Assemblea>>, si aggiunga anche <<salvo che il Condomino non abbia istituito un apposito fondo recupero crediti in una misura non inferiore al 10% dell’ammontare dell’importo dell’ultimo bilancio consuntivo approvato dall’assemblea >>.
Proprio sull’ AMMINISTRATORE, il legislatore, sembra essersi concentrato con una serie di obblighi e poteri-doveri in più rispetto alla normativa del c.c. del 1942. Vediamo meglio.
Durata dell’incaricoA parte l’aumento degli anni di durata dell’incarico (da 1 a 2, comunque sempre salvo diversamente ed espressamente disposto dall’Assemblea), che comunque, personalmente non ritengo di adottare, sono molti i punti a sfavore dell’Amministratore, a partire già dal momento della sua nomina.
Comunicazione dati Condomini Amm.tiInnanzi tutto, egli, deve comunicare, ai sensi del nuovo art.1129 c.c., al nuovo Condominio, la denominazione dei Condomini da lui amministrati!!
E la privacy?
Allora, chiediamo a tutti i professionisti (avvocati, commercialisti, architetti), parimenti, di indicarci i loro clienti!! In questo modo impediamo anche ai giovani di realizzare un proprio pacchetto Condomini perché presumo che difficilmente un Condominio, consapevolmente, affiderà l’amministrazione a soggetti appena usciti da un corso e che non hanno Condomini o solo 1-2!
In questo modo si contravvede all’apertura del mercato e solamente gli Amministratori già affermati potranno ulteriormente accrescere il loro pacchetto-clienti!
Ricordiamo, infatti, che il rapporto tra Condominio e Amministratore è basato sulla fiducia e il venir meno della stessa può portare la revoca dell’Amministratore in qualsiasi momento, anche prima della scadenza del suo mandato e questo è un princìpio ribadito anche dalla RIFORMA (sempre il nuovo art.1129).
Polizza ass.va a copertura degli atti compiuti dall’Amm.reInoltre, si continua a leggere <<l’ Amministratore, se richiesto, deve presentare ai condòmini, sotto pena di nullità della nomina stessa, una polizza di assicurazione a garanzia degli atti compiuti nell’espletamento del mandato. I massimali della polizza di assicurazione non possono essere inferiori all’ammontare dell’importo dell’ultimo bilancio consuntivo approvato dall’assemblea e in caso di lavori straordinari, l’ Amministratore, contestualmente all’inizio dei lavori stessi, è tenuto ad adeguare tali massimali in una misura non inferiore all’importo di spesa deliberato..>>
Perché questo accanimento contro la figura dell’Amministratore? Perché, allora, non si prevede qualcosa di simile per i commercialisti o la società di gestioni immobiliari che, parimenti, gestiscono soldi per conto di altri?
Ricordiamo che già l’attuale giurisprudenza prevede i diritti di controllo nei confronti dell’Amministratore, esercitabili dai condòmini in relazione a tutta la documentazione condominiale (cft. Cassazione, II Sezione, sent. 28/01/2004 n. 1544) anche senza giustificarne il motivo (cft. Cassazione 29/11/2001 n. 15159).
Pertanto i condòmini accorti, hanno tutti gli strumenti per monitorare l’attività dell’Amministratore anche reperendo le informazioni utili per verificare la regolarità dei pagamenti contattando i fornitori (manutentori ascensori, caldaia, pulizia stabile, distributori di combustibile, di acqua o di elettricità, ecc…) e comunque da quanto vedo in giro, mi sembra che non siano più ipotizzabili morosità al di sopra di 2-3 mesi dopo la scadenza, poiché i fornitori (a Roma, ad esempio, l’ACEA ATO 2) appongono degli avvisi negli spazi comuni visibili, notificando la morosità accumulata.
Inoltre non riesco a capire sulla base di quale princìpio, un Amministratore debba, prima di cominciare a percepire un minimo di compenso, cominciare subito a pagare. E’ fuori di dubbio, difatti, che la polizza a garanzia, l’Amministratore, debba stipularla con una compagnia di assicurazione che, come noto, si fa pagare in anticipo all’atto della stipula.
Allora perché non prevedere una clausola ad hoc, dentro il contratto di assicurazione del Condominio, la Globale Fabbricati? Ah, già.. il legislatore, nell’indicare l’obbligo (su richiesta del Condominio) di stipulare una fideiussione, si è <<dimenticato>> di indicare l’obbligo del Condominio di stipulare un contratto di assicurazione.
Perché?
Sappiamo, infatti, che il Condominio non è obbligato ad avere una propria Assicurazione e se lo fa, ne beneficia, eventualmente il Condominio stesso in quanto determinati sinistri possono essere rimborsati dalla Compagnia contraente. Anche in questo caso, della fideiussione a garanzia, ne beneficerebbe il Condominio.. e allora perché deve essere pagata dall’Amministratore?
Ritengo che non sia un buon modo di iniziare un rapporto basato sulla FIDUCIA!
Inoltre, sempre in riferimento all’articolo in esame, si rilevano dei termini da cui potrebbero conseguire dubbi interpretativi (e conseguenti cause = arricchimento degli avvocati!!).
Ad esempio ci sarebbe da discutere sul termine <<presentare>> che non vuol dire, scontatamente, a spese proprie, cioè dell’Amministratore!! Quindi potrebbe intendersi che l’Amministratore presenti un preventivo di polizza ad hoc che debba, poi, essere accettata e pagata dal Condominio.
Oppure sulla terminologia <<se RICHIESTO>>! Richiesto da chi? Il Condominio con la maggioranza richiesta per la nomina dell’Amministratore? O basta un solo condòmino? Anche qui, dunque, avanzano dei dubbi.
Poteri-doveri dell’Amm.re. Intervento sui lavori privatiSui poteri-doveri dell’Amministratore, poi, non posso che avanzare ennesime perplessità.
Il nuovo art.1122 bis (se ne parla nell’art.7 della Riforma) attribuisce all’Amministratore il potere di eseguire un sopralluogo, alla presenza di un tecnico, in caso di sospetto di pregiudizio per l’integrità delle parti comuni e delle unità immobiliari di proprietà individuale, nonché per l’integrità fisica delle persone che stabilmente occupano il condominio o che abitualmente vi accedono, egli (su richiesta anche di un solo condomino o conduttore), in relazione ad opere realizzate o in corso d’esecuzione, ad opera di un condòmino. Praticamente, vengono attribuiti all’Amministratore, pari poteri di un pubblico ufficiale e può essere chiamato al posto di VV.FF., carabinieri o poliziotti municipali! E’ chiaro che un’incombenza di questo tipo, laddove richiesta, debba essere adeguatamente remunerata dal Condominio e quindi, troverei almeno giusto che l’Amministratore preveda un adeguamento tariffario in ragione di ciò.
Casi di revoca giudiziaria dell’Amm.reMi sembra eccessiva, poi, una disposizione del nuovo art.1129 c.c. (se ne fa riferimento all’art.9 della Riforma) per cui può essere revocato l’Amministratore che non esegua le disposizioni dell’Assemblea. Innanzi tutto, può, umanamente capitare l’errore umano di dimenticarsi di una problematica e mi sembra non opportuno affidare un’arma di questo tipo ai condòmini. Se infatti, questo diritto può essere esercitato da uno qualsiasi dei condòmini, se ci sono delle avversioni nei confronti dell’Amministratore (statisticamente, su un 10%, anche il migliore degli Amministratori, può averlo <<contro>>), può esercitarlo e revocarlo giudizialmente con eccessiva facilità. Tipizzerei, quindi, tale fattispecie aggiungendo <<qualora risultino danni provati al Condominio>> e precisando anche un congruo termine scaduto il quale, l’Amministratore può essere considerato in difetto.
Esprimo, invece, parere favorevole, su 2 princìpi indicati nella Riforma:
1. la presa di posizione netta (finalmente) sul
conto corrente condominiale, ora, obbligatorio ai sensi del nuovo articolo 1129 (art.9 della Riforma). Nella situazione ante-Riforma, infatti, era ravvisabile un’incongruenza tra giurisprudenza e legge. Da un lato, quest’ultima, non poneva a carico del Condominio, l’obbligo di far transitare le somme condominiali con relativi pagamenti e versamenti, in un conto specifico allo stesso intestato; però dall’altra parte continuavano a registrarsi sentenze giurisprudenziali che responsabilizzavano l’Amministratore in caso di mancanza di conto corrente condominiale.
2. L’
aggiornamento (art.25 della Riforma) dell’importo previsto per le
sanzioni condominiali, portato dalle vecchi 100 lire agli attuali 100,00 euro o 1.000,00 euro in caso di recidiva.
IL RAC (Registro degli Amministratori di Condominio)
Menzione a parte merita il RAC (Registro degli Amministratori di Condominio) la cui istituzione è sancita dall’art.26 della Riforma.
Si legge, in particolare, che <<chiunque voglia svolgere l’attività di Amministratore, deve obbligatoriamente iscriversi al Registro>>.
Quindi, il RAC rappresenterebbe il primo passo verso il riconoscimento dell’attività di Amministratore di Condominio e, probabilmente, l’anticamera all’istituzione dell’ALBO PROFESSIONALE specifico.
Tuttavia, si scorge una lacuna relativamente alle modalità di iscrizione al RAC e quali requisiti debbano possedere gli interessati.
Come vedremo nel proseguo della trattazione, ci si renderà conto del grado di professionalità richiesto all’Amministratore le cui responsabilità, obblighi e poteri saranno ulteriormente accresciuti rispetto alla situazione attualmente in vigore.
Ci si meraviglia, pertanto, che non si sia previsto un iter analogo a quello di professionisti come geometri, consulenti del lavoro o avvocati.
In generale, per tali categorie (ma non solo) è previsto il conseguimento di un diploma o laurea che ne attesti la preparazione teorica, poi dopo un periodo di apprendistato (in genere 2 anni) è possibile sostenere un esame per l’abilitazione della professione.
Nel caso dell’Amministratore, non mi sembra che il fine differisca di molto: un Amministratore deve intendersi almeno di contabilità e di leggi e deve sapere rapportarsi col pubblico (condòmini e fornitori).
In tal senso non ridurrei l’iscrizione al RAC col semplice conseguimento di un attestato presso un’Associazione di categoria (e quindi riducendo, in sostanza, l’iscrizione ad un semplice pagamento, che è quello del costo del corso), ma, anzi, troverei opportuno prevedere un iter con un apprendimento teorico della professione, attraverso:
1. il conseguimento di un attestato presso un’Associazione di categoria accreditata, con un tot di ore (ad esempio 100 ore), un costo univoco che prescinde dall’Associazione ed un programma prestabiliti.
2. Al termine del corso, il candidato sostiene una prova di idoneità e consegue l’iscrizione all’Associazione che lo ha istruito.
3. A tale periodo di apprendimento teorico farà seguito un corso di apprendistato presso la propria Associazione e/o un professionista già iscritto al RAC da almeno 5 anni o che provi di esercitare professionalmente da almeno 5 anni;
4. L’iter si concluderà con il sostenimento di un esame pratico e teorico presso un ufficio del RAC, dietro le direttive e la supervisione di una specifica commissione-docenti del RAC stesso.
Sarebbe parimenti opportuno prevedere una modalità di iscrizione al RAC differente, ovviamente, per chi già svolge la professione. Ad esempio per chi già provi di svolgere professionalmente l’attività di Amministratore da almeno 2 anni. Per coloro, invece, già in possesso dell’attestato, ma esercitano per un periodo inferiore ai 2 anni, metterei l’obbligo di un periodo di apprendimento di cui al precedente punto n.3 per la differenza di tempo fino alla maturazione dei 24 mesi. Poi, ovviamente, ci sarebbe l’esame di cui al punto 4.
Conclusioni
Concludo con una valutazione complessiva della Riforma che non può che essere in senso negativo.
Come avevo premesso, non entro nel merito di tutti i princìpi della Riforma, ma ritengo sbagliato proporre un apparato di norme come questo, privo di coerenza con la giurisprudenza consolidata fino ad oggi attuata.
Mi auspicavo, dato l’imminente approvazione della Camera, un’analisi più attenta e una scelta più oculata degli operatori di settore con cui interloquire per le eventuali modifiche e sostengo che non si deve cambiare tanto per farlo, ma impegnarsi per fare in modo che la normativa condominiale assuma carattere più aggiornato e coerente con le leggi vigenti, nonchè dei diritti dei condòmini e degli Amministratori.
Aggiornamento:
Sabato 10/03/2012, a Roma, si è tenuto un MEETING alla presenza dei presidenti delle più importanti associazioni nazionali italiane degli amm.ri e di alcuni politici tra cui coloro che hanno promosso l'iniziativa della Riforma.
E' emerso che, nonostante i pareri assolutamente contrari manifestati dalle associazioni, la Riforma dovrebbe (condizionale d'obbligo, ma ormai sembra un pro-forma) venir accettata dalla Camera entro il c.m. con un'ulteriore aggiunta:
Verrà istituito un fondo di garanzia e solidarietà per i Condomini danneggiati da mala gestio di taluni amm.ri!
Tale fondo verrà realizzato ed adeguato prelevando una percentuale del 4% sulla fattura dell'Amm.re.. quindi con ulteriore ricarico nei confronti del Condominio!
Saluti
Edited by Marco Venier - 12/3/2012, 17:58