Rapporti tra Condominio e Costruttore., Riserva del Costruttore sulla nomina dell'Amministratore ed esonero dalle spese condominiali.

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Marco Venier
view post Posted on 18/11/2012, 17:18




Il rapporto tra Costruttore-proprietario (in seguito, semplicemente Costruttore) e condòmini è regolato da contrattualistica privata in cui vengono inseriti articoli predisposti dal Costruttore stesso e accettati (in forza del rogito notarile di acquisto) dalla controparte.
Dal momento della vendita della prima unità immobiliare, la posizione del Costruttore, è equiparabile a quella di un condòmino e tale status terminerà solo quando saranno state vendute tutte le unità immobiliari. Solo in quel momento, il Costruttore cesserà la sua relazione con il Condominio che rimarrà limitata alla garanzia decennale per vizi di costruzione, ex art. 1669 c.c.
Il Costruttore si trova sicuramente in una posizione privilegiata rispetto ai privati acquirenti in quanto questi ultimi, spesso, si trovano davanti gruppi organizzati di Imprese che predispongono contratti contenenti disposizioni svantaggiose, ma che devono firmare se vogliono perfezionare l'atto di compravendita.
Altrettanto spesso, inoltre, i nuovi proprietari non sanno che alcuni articoli sono vessatori o nulli perchè contrari alla legge.
Vediamone alcuni esempi, precisando che è impossibile analizzare tutte le casistiche in quanto i contratti in discorso sono in continua evoluzione.
Partiamo con l'Amministatore nominato dal Costruttore.
Non sono infrequenti i casi in cui l'acquirente firma, al Costruttore, l'accettazione di un soggetto che riveste funzioni di Amministratore scelto dal Costruttore stesso.
Ovviamente tale prassi risponde a necessità di praticità in quanto già dopo la vendita della prima unità immobiliare si istituisce il regime del Condominio minimo e con la vendita delle successive (ricordiamo che dopo la quarta unità immobiliare venduta si ha la formale costituzione di Condominio ai sensi dell'art.1129 c.c. e dopo la decima vige l'obbligo di redazione del Regolamento Condominiale ex art. 1138 c.c.) e possono venire a configurarsi problematiche tipiche del Condominio. Dato che l'impresa che ha realizzato il Fabbricato non ha, istituzionalmente, conoscenze specifiche nel settore delle Amministrazioni condominiali, tende ad affidare tale incarico ad un professionista di sua fiducia per un certo lasso di tempo, anche per un periodo pluriennale (riscontrati contratti con mandato ad Amministrare di durata di n.3 anni!!) lasciando credere ai condòmini che firmano successivamente, che sono vincolati a tenere tale soggetto per tutta la durata del periodo.
Tale figura, però, è bene chiarirlo subito, non può essere configurata come il formale Amministratore di Condominio, in quanto quest'ultimo deve essere necessariamente nominato dall'Assemblea dei condòmini.
L'’art.1138 c.c., infatti, sancisce l’inderogabilità delle disposizioni sulla nomina dell’ Amministratore contenute nell’art.1129 c.c., pertanto, tale disciplina non può subire modificazioni neppure per volontà delle parti. Di conseguenza, ripetendo una nota massima giurisprudenziale, è da ritenere nulla la clausola, seppur contenuta nei contratti di compravendita delle singole unità immobiliari o nel Regolamento Contrattuale, che riservi l’ Amministrazione all’ Impresa Costruttrice per un dato periodo di tempo, per violazione degli artt.1129 e 1138 c.c. (Cass.civ. 19/10/1961 n.2246; Cass.civ. 3/08/1966 n.2155; Tribunale di Napoli, Sez.X 21/03/1989).
Quello che il Costruttore nomina, pertanto, è semplicemente un preposto all'Amministrazione che, per divenire formalmente l'Amministratore del Condominio, necessita della ratifica in sede di Assemblea con le maggioranze previste dalla legge (in seconda convocazione, la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno 500 millesimi - ex art.1136 c.c.).
I condòmini, in definitiva, potranno sempre rimuovere tale soggetto anche prima della scadenza eventualmente pluriennale fatta accettare dal Costruttore perchè la nomina deve avvenire in sede di Assemblea e l'Amministratore nominato non può rimanere in carica per più di n.1 anno. Qualsiasi atto contrario è nullo!!
Un'altra prassi che sto riscontrando, è quella dell'inserimento (nei contratti - Rogiti e/o Regolamenti Contrattuali) della clausola di esonero dalle spese condominiali.
In pratica, si tratta di una clausola che esonera il Costruttore dal contribuire alle spese condominiali per le unità immobiliari rimaste invendute.
Tale clausola è, di princìpio, illegittima, tuttavia sono opportune delle considerazioni.
Partiamo, innanzi tutto, dall'articolo di riferimento del codice civile per la ripartizione delle spese: il 1123, 1° comma: Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprieta` di ciascuno, salvo diversa convenzione. (vedi qui il testo integrale: www.marcovenier.altervista.org/c.c....lecentoventitre).
Come già evidenziato, il Costruttore è, a tutti gli effetti, un condòmino fino a che non vende tutte le unità immobiliari e dato che queste ultime hanno tutte dei millesimi, di princìpio, dovranno farsi carico delle spese condominiali in virtù di tali quote.
E' noto, infatti, che in Condominio vige il princìpio dell'uso potenziale, in relazione all'addebito delle spese in funzione dei millesimi. Questo vuol dire che per addebitare le singole quote, l'Amministratore non ha bisogno di verificare se, ad esempio, l'unità immobiliare è rimasta inutilizzzata per lungo tempo o invenduta dal primo proprietario (il Costruttore).
A tal riguardo cito la massima di Cass. n. 13161/1991, per cui per le ripartizioni di spesa in base ai millesimi, ex art.1123 c.c., si deve avere riguardo all'uso che ciascun partecipante puo' farne, cioe' al godimento potenziale e non al godimento effettivo, e, quindi, non all'uso che effettivamente ne faccia o non ne faccia.
Pertanto vige il dovere di contribuire alle spese condominiali sulla base dei propri millesimi, per il solo fatto di essere proprietario di una o più unità immobiliari e non è possibile rinunziare all'uso delle cose comuni per ottenere l'esonero dalle spese condominiali (art. 1118 c.c., 2° comma; vedi articolo www.marcovenier.altervista.org/c.c....lecentodiciotto ).
Tuttavia, dal citato articolo 1123, emerge un princìpio determinante: la deroga ai criteri di cui al medesimo articolo, stabilita con convenzione dei condòmini.
Si legge, infatti: salvo diversa convenzione e sul punto la Giurisprudenza ha sempre tenuto un orientamento uniforme che sintetizzo come segue: In linea di principio è pacifico che l'art. 1123 c.c. nel consentire la deroga convenzionale ai criteri di ripartizione legale delle spese condominiali non pone alcun limite alle parti, con la conseguenza che deve ritenersi legittima, non solo una convenzione che ripartisca le spese tra i condomini in misura diversa da quella legale, ma anche quella che preveda l'esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall'obbligo di partecipare alle spese medesime (Cass. sez. II, n. 6844/1988; Cass. sez. II, n. 7039/1988 e la recente Cass. sez. II, n. 5975/2004).
Sicuramente il Regolamento Contrattuale firmato dai condòmini al Costruttore è configurabile come un esempio di convenzione tra le parti in cui si accetta l'esclusione di taluno dalle spese comuni. La Giurisprudenza ammette tale diritto anche per facta concludentia , vale a dire attraverso un'univoca manifestazione tacita di volontà, da cui possa desumersi un determinato intento, conferendogli un preciso valore contrattuale (Trib. di Bari, sent. n. 1470/2008), figuriamoci quando tale volontà è ben esplicitata da fatto scritto!!
Per tali motivi, la clausola di esonero del Costruttore dalle spese comuni per le unità immobiliari rimaste invendute, è da considerare legittima.
Sulla questione, però, la Giurisprudenza già citata (Cass. sez. II, n. 6844/1988; Cass. sez. II, n. 7039/1988 e la recente Cass. sez. II, n. 5975/2004), ha posto dei limiti: tale esonero non può avere una durata superiore ai primi due anni finanziari del Condominio, a decorrere dalla data del primo atto di compravendita.
In pratica, in caso di durata illimitata dell’esonero, questa pattuizione deve ritenersi vessatoria per il consumatore/acquirente e quindi bisognevole della c.d. seconda firma ai sensi degli art. 1341 e 1342 cod. civ. per espressa accettazione.
In assenza di tale espressa accettazione (una firma a fianco dell'articolo del Regolamento Contrattuale in esame o altro atto similare), la clausola sarà considerata vessatoria e quindi nulla!!
A tal riguardo, infatti, ricordiamo che il Condominio è da considerarsi, a tutti gli effetti, consumatore (Cass. n. 10086/2001) e, come tale, rientra nella disciplina del Codice del Consumo (Decreto legislativo n.206/2005, articoli n.33, 34, 35, 36, 37 e 38) che, ai sensi della legge n. 52/1996, formalmente recepisce, in Italia, le norme europee contro le clausole vessatorie nei contratti. In particolare il Codice del Consumo considera abusive o vessatorie, e quindi nulle, certe clausole contrattuali che avvantaggiano in modo evidente il professionista (def. persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale, utilizza un contratto) stesso.
 
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